lunedì 16 febbraio 2015

... e ora parliamo di Kevin


"La colpa conferisce uno strano potere. E rende tutto più semplice, non solo per gli spettatori e le vittime, ma soprattutto per i colpevoli. Mette ordine tra le rovine. La colpa porta con se' una lezione semplice e chiara nella quale gli altri possono trovare conforto: se solo non avesse... E in questo modo rende la tragedia evitabile".

Bella tosta la trama di questo romanzo epistolare, soprattutto se si pensa che risale al 2003, quando l'autrice era ignara di altri successivi 10 anni di stragi nelle scuole americane, non ultima quella di Sandy Hook di dicembre 2012.

In ... e ora parliamo di Kevin, la realtà supera di gran lunga la fantasia, al punto che nessun riferimento a fatti e persone realmente esistiti è puramente casuale.
Eva Katchadourian, americana di fiere origini armene, racconta, nelle sue lettere ad un marito assente, l'orrore, facilmente identificabile nella tragedia di un figlio omicida che - armato di arco e frecce, appena sedicenne - riunisce compagni di scuola e insegnanti in palestra e ne stermina undici, usandoli come bersagli.

Eva cerca le colpe, si chiede quale responsabilità abbia avuto nel processo di creazione di un abominevole mostro. E' stata una cattiva madre? E' colpa sua? E' il prezzo da pagare per il suo fermo rifiuto della maternità come unico destino possibile di una donna, per dirsi completa? Eva non vuole un figlio; la sua vita fatta di lavoro, di viaggi in ogni angolo del mondo e di suo marito Franklin le basta, la soddisfa pienamente. Eppure cede al desiderio di paternità di suo marito e dopo anni di spensieratezza, arriva Kevin. Un mostro, più che un bambino, che la sfida come madre, come donna, come essere umano. Una sorta di gioco al massacro in cui la condanna di Eva è quella di essere tenuta in vita dal suo aguzzino, di essere risparmiata per assistere ad un'efferatezza inspiegabile e disumana.

Per buona parte del libro, il marito della donna, nonchè padre di Kevin, che lei si ostina ad amare, quando al lettore non può che risultare insulso nella sua fastidiosa inettitudine, resta in silenzio, in disparte, come se l'indicibile peso della tragedia dovesse ricadere esclusivamente sulle esili spalle di Eva. La spiegazione arriva solo nell'ultima parte della storia ed è agghiacciante.

La scrittura accattivante dell'autrice fa sì che una volta entrati nei pensieri di Eva, nel suo racconto, non si riesca ad uscirne. Un libro "disturbante", per stomaci forti, anche se si avverte, nelle pagine, una leggera puzza di ricerca di sensazionalismo a tutti i costi, a partire dal fatto che l'autrice adotta - inspiegabilmente - uno pseudonimo maschile.

Per una tematica del genere, il passo dalla pagina allo schermo è breve: infatti, nel 2011 il libro diventa un film, ...e ora parliamo di Kevin, diretto da Lynne Ramsay.

Per una inconfutabile legge non scritta del cinema, la qualità di un film è inversamente proporzionale a quella del libro da cui è tratto. Perciò, nel caso di Kevin, da un libro tutto sommato non eccezionale, viene fuori un film da brividi, con una tormentata Tilda Swinton nel ruolo di Eva, un mansueto John Reilly nei panni di Franklin e l'inquietante Ezra Miller in quelli del nefando Kevin. Film che si fa apprezzare per il forte simbolismo, la narrazione attraverso flashback e l'ottima interpretazione della Swinton e di Miller, che danno a madre e figlio gli unici volti possibili.

A sua madre che gli chiede il motivo del suo gesto, Kevin risponde: "Non c'è motivo. E' questo il motivo". Nel 1979, a San Diego (California), la sedicenne Brenda Ann Spencer saltò la scuola. Impugnò il fucile di suo padre e dalla finestra della sua camera, sparò contro la scuola elementare di fronte a casa sua. Uccise due persone e ferì otto bambini. Era un lunedì. Alla domanda: "Perchè?", la risposta fu: "Non mi piacciono i lunedì".

La realtà che supera la fantasia. - CS

Voto libro: ★ ★ ★
Voto film: ★ ★ ★ ★



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