martedì 17 febbraio 2015

Questo bacio vada al mondo intero

Ci sono dei pomeriggi afosi, asfissianti, a luglio inoltrato, in cui la canicola non ti da tregua e solo barricandoti in casa, con finestre sprangate e lasciando entrare un esile filo di luce, puoi trovare un leggero ristoro nell'aria condizionata; ma ciò che offre vero sollievo e giovamento al corpo e allo spirito è una fetta di anguria, rossa, fresca del frigorifero da cui è stata tirata fuori qualche minuto prima di essere consumata, e gustata, voracemente, a morsi, senza preoccuparsi di sputare via tutti i semi.

Questo bacio vada al mondo intero è stato la mia fetta di anguria, desiderata e divorata avidamente, in tempi di proposte di lettura piuttosto aride e per niente allettanti. Tante storie che si intersecano, come in un groviglio di fili, sotto il cielo di New York, anch'esso attraversato da un filo, un cavo di acciaio, teso tra le due Torri Gemelle, su cui, nel torrido agosto del 1974, una smilza figura scura si staglia, tenendosi in vertiginoso equilibrio, a più di 400 metri d'altezza dal suolo.

L'impresa del funambolo francese Philippe Petit che sfida la gravità, la vertigine, il vuoto ed entra nella storia, è l'unico evento realmente accaduto riportato nel romanzo. Sotto i suoi piedi incredibilmente arpionati ad un cavo spesso pochissimi centimetri, i microcosmi di uomini e donne distanti e diversi tra di loro entrano in contatto, come parti di un disegno più grande, e si ritrovano a gravitare nella stessa orbita, come se esistesse un istante, nella Storia, in cui le singole esistenze si incrociano e si legano in un nodo indissolubile.

Un romanzo che ha a che fare con un'idea di Caso o di Destino, ad ogni modo, di una Forza che determina la sorte degli uomini, che pure compiono delle scelte in libertà: uomini che cercano di tenersi in equilibrio, come Petit sul cavo di acciaio. Le loro storie vanno lette così. E sono delle grandi belle storie, fatte di degrado, di dolore, di abbandono, ma anche di condivisione, di solidarietà, di vicinanza.

Padre Corrigan è uno dei personaggi letterari di cui ci si innamora, inevitabilmente. Se il libro finisse mai al cinema, "Corrie" avrebbe il viso scavato di Viggo Mortensen. Irlandese, è un prete di strada, che ha messo la sua vita a disposizione dei reietti. Nel degrado del Bronx offre sostegno morale e materiale alle prostitute del quartiere; vive un rapporto tormentato con Dio, per via della malattia del sangue che gli da un aspetto simile a quello dei tossici a cui da asilo, ed è innamorato di una donna che lo mette di fronte alla sua natura umana. Dio lo sfida: "E'questo che mi piace di Dio. Cominci a conoscerlo grazie alla Sua occasionale assenza".

Claire è una donna benestante che vive nell'Upper East Side, a Park Avenue. E' anche la madre straziata dal dolore per la morte di suo figlio in Vietnam e nel giorno di Petit, incontra altre quattro donne che come lei hanno vissuto il sacrificio dei propri figli in una guerra controversa. Tra queste donne, c'è Gloria, unica nera in un mondo di bianchi, che finirà per prendersi cura delle figlie di Jazzlyn, una delle prostitute aiutate da Corrigan. E oltre alle loro, altre vite, altre storie, che dimostrano che non siamo soli, a tenerci in equilibrio sul filo che lega le nostre vite.

Ogni personaggio usa la propria voce per raccontarsi; punti di vista, parole, movimenti cambiano, assecondando la natura polifonica del testo. Così chi legge vive insieme al funambolo i momenti di suspense immediatamente prima di impugnare il bilanciere e sfidare il vuoto; vive la sua vertigine e lo stesso vuoto d'aria e trattiene il respiro, come se una sua minima distrazione, un minimo soffio d'aria potesse spingere Philippe giù nel vuoto. Attraverso il linguaggio rude e spezzato della prostituta Tillie, sente il gusto del romanticismo amaro ma profondo di una donna di strada che un generoso amante ha iniziato alla poesia di Rumi. E le cicatrici sul corpo di Corrie, la sensualità di Adelita, i movimenti incerti di Claire che entra nella stanza del figlio per la prima volta dopo mesi dalla sua morte, le ferite di Gloria che viene aggredita per strada, il corpo di Jazzlyn che giace esanime sulla strada e lo sguardo pentito di Lara, che per quell'incidente non riesce a darsi pace: tutto è vivo, negli spazi di interlinea che separano le righe l'una dall'altra.

Intanto, intorno a loro, intorno a noi, il mondo continua a girare: Let the great world spin, "lascia che il mondo giri in vortici infiniti", non a caso, è il meraviglioso titolo originale dell'opera tratto da un verso di una poesia di Tennyson.

Ce ne sono tanti di motivi per cui questo libro è uno dei più belli che abbia mai letto negli ultimi anni. Corrigan è il primo. New York, che vive nei suoi soliti rumori quotidiani, un posto che ci appartiene, anche senza esserci mai stati, viene subito dopo. Un altro lo si può trovare tra queste righe:

Tutti abbiamo sentito di questo genere di cose. La lettera d’amore che arriva mentre la tazza di tè cade a terra. La chitarra che attacca con la prima nota mentre l’ultimo respiro si spegne. Non le attribuisco a Dio né alla forza dei sentimenti. Forse al caso. O forse il caso è solo un altro modo per convincerci che siamo preziosi. - CS

Voto:  ★ ★ ★ ★ ★

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